CARATTERISTICHE DEL SITO: Forte Montecchio – Lusardi è una delle costruzioni progettate fra il 1910 e il 1914 dal generale Enrico Rocchi che è ritenuto un punto di riferimento nel campo delle costruzioni militari dell’epoca. Il forte è suddiviso in tre blocchi:
Svettano in installazioni girevoli e protette da cupole di acciaio e ghisa i quattro cannoni da 149/35 conservati sino ai giorni nostri. Il cannone 149/35 era il più moderno armamento utilizzato nelle fortificazioni italiane ai tempi della Prima Guerra Mondiale, ogni pezzo oltre a ruotare su se stesso, ha la possibilità di effettuare un alzo fra –8° e +42°.
In caso di necessità le cariche di lancio e i munizionamenti venivano preparati in due apposite camere realizzate nel camminamento, affinchè eventuali esplosioni accidentali non andassero a danneggiare le batterie o le polveriere stesse rendendo il forte inoffensivo. Una volta pronte, granate e cariche di lancio venivano trasferite ai pezzi grazie ad appositi carrelli e montacarichi. Se da una parte una squadra di artiglieri provvedeva all’immediata confezione delle cariche da utilizzare, gli ufficiali si trovavano nella Camera di Comando dove calcolavano le traiettorie per mezzo delle carte e delle tavole di tiro. I dati di tiro e gli ordini in genere venivano impartiti grazie al sistema interfono alle singole squadre pezzo. Una cupola di osservazione, infine, consentiva di verificare l’efficacia del colpo ed eventualmente di apportare le correzioni e gli aggiustamenti del caso. Interessante per chi vorrà visitare il forte e ha un minimo di competenza nel campo dell'impiantistica sarà soffermarsi sulla cura nei dettagli e nelle soluzione tecniche attuate: molte di queste, anche se ingegnosamente adattate alla tecnologia dell'epoca si possono trovare in molti edifici moderni. Sono ancora posizionati tutti i gruppi di aspirazione che avevano il compito di espellere i fumi derivanti dalle deflagrazione dei cannoni; i fumi venivano fatti passare attraverso appositi filtri per eliminare la parte visibile del fumo ed evitare di essere notati dall'esterno. Pur essendo stato costruito nel 1911-14, il progetto e le innovazioni tecnologiche messe in atto precorsero i tempi, facendo del Forte Montecchio un esempio di modernità ed efficienza bellica. INQUADRAMENTO STORICO DEL SITO: Nel corso della storia la Valtellina ha sempre rappresentato una delle maggiori arterie commerciali per il nord Europa quindi Colico, proprio perché situata alla fine della vallata, ha costituito la posizione ideale per una roccaforte a baluardo dei confini. Nel 1862 iniziarono gli studi preliminari per una nuova fortificazione voluta dalla "Commissione permanente per la difesa dello Stato" che avrebbe dovuto rappresentare un deterrente e arrestare le eventuali invasioni provenienti dai passi Maloja, Spluga e Stelvio. La Svizzera inizialmente non venne ritenuta una minaccia concreta, quindi il progetto venne accantonato. Nel 1871 si torna a prendere in considerazione l'ipotesi con lo studio di un nuovo forte da costruirsi sul colle di Fuentes con una spesa preventivata di Lire 1.500.000, tuttavia già dall'anno successivo il comitato di Sua Maestà espresse parere contrario "essendo poco probabile una violazione austriaca nel territorio svizzero; remota e facile da prevedersi nel tempo una violazione da parte della Germania". Nel 1901 il Ministro della guerra progetta la realizzazione di alcune batterie di cannoni, due formate da quattro pezzi da 149/35 e protette da un parapetto in muratura da piazzare a Fuentes mentre una terza con due cannoni da mimetizzare in una caverna della penisola di Piona. Queste opere vennero ritenute poco urgenti e quindi non furono mai realizzate. INIZIO DEI LAVORI Nel 1911 prende il via il progetto "Linea di operazione Mera – Adda” con il proposito di sbarrare il passaggio agli eserciti che avessero disceso la Valtellina e la Valchiavenna. Alcuni generali dello Stato Maggiore dopo un attento sopralluogo decisero di piazzare una installazione permanente proprio sul Montecchio Nord, da questa posizione infatti sarebbe stato agevole tirare sulla sponda Occidentale del Lario, sulla strettoia di Novate Mezzola e sulla Bassa Valtellina. Iniziarono quindi i lavori di costruzione del forte che inizialmente, si avvalsero di un primo stanziamento di Lire 750.000. Nel 1912 il progetto venne rivisto, poiché fu ritenuto indispensabile un ampliamento della polveriera per stipare gli esplosivi, necessari alle interruzioni stradali che precedentemente erano ammassati nei dintorni di Chiavenna. Nel dicembre del 1913, all’approssimarsi della Prima Guerra Mondiale, risultano completate le strade d’accesso, mentre per l’opera corazzata sono da poco iniziati i lavori preliminari. Nel luglio del 1914, all’inizio delle ostilità, il forte è ancora un cantiere. Comprendendo che gli scenari per cui era stato ideato il Forte si stavano concretizzando i lavori subiscono una repentina accelerazione: nel mese di dicembre anche l’armamento è completato e il forte è finalmente pronto ad aprire il fuoco. Assieme alla batterie del forte Montecchio ulteriori postazioni d'artiglieria erano state posizionate a Piona e al castello di Vezio, sopra l'abitato di Varenna. Ulteriori batterie trovarono posto sulle pendici del monte Legnoncino, più difendibili da eventuali sabotaggi nemici di quanto sarebbe stato possibile fare con postazioni a schierate alivello del lago. L'alto Comando italiano tuttavia si dimostrò poco convinto delle potenzialità del forte al punto che, dopo i danni provocati a giugno dagli obici austriaci al forte di Verena (VI), venne deciso di posizionare i cannoni in luoghi più protetti e difficilmente identificabili dai nemici. Così, come in molti altri forti, nel luglio del 1915 l'armamento del "Montecchio" venne smantellato. Nel marzo del 1918 Badoglio ritenendo imminente una calata da parte dell'esercito austriaco riarma il forte. Sino agli ultimi giorni della seconda Guerra Mondiale, non è teatro di nessun evento di rilievo. Durante la “Grande Guerra” non venne mai toccato direttamente da attacchi e non sparò nemmeno un colpo (se non quelli effettuati per l'addestramento degli artiglieri). Il "Progetto Valtellina" doveva essere l'ultimo estremo tentativo di resistenza della Repubblica Sociale di Mussolini. Nella vallata infatti erano concentrati circa 4.000 uomini fedeli al Duce e sarebbero stati loro a rappresentare il baluardo contro l'avanzata americana. Il progetto prevedeva il ripiegamento da Milano attraverso la statale 36, lungo la direttrice Monza, Lecco, Colico e una strenua difesa che avrebbe fatto perno proprio sul forte Lusardi. Il presidio era allora occupato da una trentina di uomini, con l'aggiunta di altri reparti che si avvicendavano per periodi di riposo. Erano inoltre presenti un reparto dell'antiaerea e un comando della Guardia di frontiera. Ma il progetto del RAR, nome in codice del Ridotto Alpino Repubblicano, non convinceva tutti i gerarchi fascisti anche perché alcuni erano convinti di poter contare sulla resistenza offerta dei tedeschi lungo la linea del Po. Proprio per valutare meglio il progetto, il 20 aprile del 1945, il comandante del forte, il tenente Alberto Orio, viene convocato a Como. Una scelta fatidica perché, sorpreso dagli avvenimenti, l’ufficiale non potrà ritornare al proprio posto e, complice l'assenza del comandante, i partigiani (CLN - Comitato di Liberazione Nazionale) guidati da Vittorino Canclini chiedono la resa immediata del forte. Quello che sia accaduto in quelle ore non fu mai chiarito, è comunque sicuro che tra il 25 e il 26 aprile del 1945 vi fu uno scontro armato tra militari italiani e tedeschi all’interno del forte. Due soldati tedeschi morirono, il comandante interinale fu imprigionato e il Montecchio venne consegnato agli uomini del CLN. Proprio questi uomini, comandati da Battista Canclini, aprirono il fuoco, il 27 aprile, sull’autocolonna tedesca che scortava il Duce sulla parte opposta del lago. I tedeschi avevano già consegnato Mussolini ai partigiani e cercavano di raggiungere il confine Svizzero, ma furono bloccati da cinque cannonate sparate dal CLN. I colpi andarono a vuoto perché i tedeschi avevano distrutto le tavole di tiro, ma intimorirono il comandante dell’autocolonna Fallemayer, che raggiunge Colico con la bandiera bianca. Iniziarono così le trattative di pace che si conclusero con la resa firmata dai tedeschi presso l’albergo Isolabella di Colico. DOPOGUERRA Il Forte restò in servizio per molti anni sino alla demilitarizzazione, avvenuta nel 1981, quando la titolarità passò definitivamente dal Demanio Militare, gestito dal Ministero della Difesa, al Demanio Civile, gestito dal Ministero delle Finanze. Nel 1998 il Ministero delle Finanze lo affidò al Comune di Colico, che, dopo diversi tentativi di valorizzazione, dal 2009 lo ha a sua volta affidato al Museo della Guerra Bianca, per la sua riqualificazione nell'amito di un ampio progetto di turismo culturale integrato condiviso con la Regione Lombardia. IMPEGNO DI A.N.ART.I. VALTELLINA PER LA VALORIZZAZIONE DEL FORTE Trattandosi infatti di un sito in cui l'artiglieria fa la parte del leone non ce la sentiamo di stare a guardare con le mani in mano. Abbiamo pertanto avviato un'opera di recupero di cimeli, documenti, fotografie e testimonianze che possano aiutare i visitatori a calarsi nell'atmosfera che si viveva ai tempi in cui il forte era operativo. Anche se il tempo stringe a causa della deperibilità dei documenti e della memoria che si sta disperdendo a causa della scomparsa dei protagonisti delle vicende, con un ultimo "colpo di reni" auspichiamo di salvare il salvabile per poter ricordare alle generazioni che verranno cos'era il forte e cos'è stata l'artiglieria nella prima metà del secolo scorso. DOPO QUASI 70 ANNI A.N.Art.I. VALTELLINA RECUPERA LE TAVOLE DI TIRO... Abbiamo visto in precedenza che, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale i tedeschi prima di ripiegare oltre confine si assicurarono di rendere inoffensivi i cannoni, semplicemente distruggendo le tavole di tiro: basterebbe ciò per farne comprendere l'importanza anche ai profani. Da allora questi documenti con cui era possibile impostare i dati corretti per battere un determinato obbiettivo non sono più stati presenti all'interno del forte: uno dei primi obbiettivi che ci siamo posti (forse a causa di un sentimentalismo che a volte vien fuori anche nei più insensibili artiglieri) è stato quello di riportare al Forte dei documenti così importanti, ciò che in epoca bellica rappresentava il "cervello" dei quattro cannoni. Dopo lunghe e dispendiose ricerche, agevolati dal sapere cosa cercare e alla nostra preziosa rete di contatti che ci hanno fornito le chiavi per aprire le porte giuste, siamo riusciti a recuperare le tavole di tiro. Inizialmente, in miglior stato di conservazione sono state quelle del 1938, specifiche per la granata mod.32: Nell'ambito del progetto "A.N.Art.I. per forte Montecchio - Lusardi" si è avviata una campagna di ricerca di fotografie e stampe risalenti al periodo bellico raffiguranti artiglieri, armi e mezzi da esporre al pubblico. Confidiamo nell'aiuto di chiunque, anche se non artigliere ci vorrà dare una mano nell'intento. Si precisa che non si vogliono depredare gli archivi delle Sezioni o dei privati, infatti nell'eventualità preferiremmo ricevere a mezzo mail all'indirizzo Artiglieri.Morbegno@Hotmail.it le scansioni ad alta risoluzione delle stesse in modo che:
La Sezione ha
realizzato a proprie spese le stampe a grandezza naturale di alcune
foto significative dell'archivio, le si può vedere all'ingresso oppure in punti significativi lungo il percorso.
LAVORI DI MANUTENZIONE
DELLA STRUTTURANUCLEO UNIFORMI STORICHE
Come spiegato più dettagliatamente nell'apposita Sezione, attraverso seri ed approfonditi lavori di ricerca sono state realizzate le uniformi degli artiglieri che prestarono servizio nel Forte durante la Grande Guerra. Fedeli nel minimo dettaglio, dal fregio ricamato a mano del 1° Reggimento di Artiglieria da Fortezza ai chiodi fatti a mano (vedasi la foto d'epoca confrontata con una nostra riproduzione) le uniformi vengono indossate dai nostri soci in occasione di eventi e rievocazioni all'interno del Forte, cerimonie istituzionali, serate culturali ed iniziative per le scuole. L'ambizione, seppur di difficile realizzazione è quella di riuscire a ricostruire l'intero organico dei 43 artiglieri di stanza al Forte. Ovviamente la sfida più ardua è e sarà reperire fondi per realizzare le uniformi e volenterosi disposti ad indossarle. |